Posto a 377 metri di quota nel Monferrato ovadese il borgo di 600 abitanti si trova equidistante da Acqui Terme ed Ovada che si raggiungono in un quarto d’ora di auto.
Il piccolo centro medioevale occupa un’altura, circondato da boschi e da coltivazioni e limitato a valle dal Carmagna, torrente che si getta più a valle nel Bormida.
Le origini sono le stesse di molti borghi monferrini, probabilmente abitato già in epoca preistorica, fu sicuramente teatro di battaglie fra le tribù liguri Stazzielli e l‘Impero Romano. La data che segna l’inizio della storia documentata è quella del 1224 quando il borgo fu donato (o portato in dote) dai Marchesi del Bosco, in particolare da Agnese a Federico della famiglia dei Malaspina di Cremolino, discendenti degli Obertenghi.
Il feudo rimase per più di 300 anni ai Malaspina e famiglie ad essi legati prima di passare sotto ai Gonzaga e condividere come detto le vicende storiche di quella parte di territorio piemontese. Nel 1708 passò sotto la giurisdizione dei Savoia e del Regno di Sardegna, poi del Regno d’Italia fino alla Repubblica.
Il borgo è dominato dal suo castello la cui data di costruzione è incerta, pare però che nel XIII secolo gli abitanti di un insediamento di Celti liguri edificò una torre a difesa di un ricetto. Sulle rovine della torre fu probabilmente costruito il maniero che oggi, dopo numerosi rifacimenti e modifiche, ammiriamo.
Il castello seguì le sorti delle famiglie che si sono succedute al potere, anche in questo caso, per chi fosse appassionato, si potrebbe aprire un capitolo dedicato a Giovan Battista Lodron marito di una Malaspina che dimorò al castello fino al 1555 (Lodron fu colonnello di Carlo V e protagonista incredibile di mille battaglie a capo delle truppe Lanzichenecche, sfortunate responsabili di aver portato la peste nei territori). In quell’epoca il castello fu ampliato e abbellito con scaloni interni ed eleganti sale, ma è nel ‘700 che il castello nuovamente modificato, con l’aggiunta di un campo lungo 25 metri e largo 8 dedicato al gioco della pallacorda, assume l’attuale aspetto di dimora signorile.
Dopo alterne vicende, nel 1916 il castello è acquistato dai Pallavicino di Genova che lo restaurano creando il parco che lo circonda. Oggi di proprietà privata, dell’architetto navale Aldo Cicero, il castello offre splendide sale affrescate, preziose decorazioni, scaloni, camini antichi monumentali, e poi la cappella privata dedicata a Santa Caterina, e ancora le sale per affumicare e conservare il cibo e le carni, le antiche prigioni e le cantine con botti in legno capaci di contenere 20 mila litri di vino ciascuna. Nel castello si è svolta per anni una manifestazione dedicata alla falconeria ed oggi, insieme al parco panoramico è visitabile.
L’intero borgo offre una atmosfera medioevale come nella piazza Vittorio Emanuele II, antico centro politico del paese, dove si trova, sopra la porta che conduceva al castello, una torre dell’orologio attaccata a quella che viene ricordata come la “Casa del Boia”.
Fra gli edifici ecclesiastici ricordiamo la cinquecentesca parrocchiale dedicata a San Bartolomeo a navata unica ben decorata all’interno. Poco fuori dal centro la chiesa di San Vito, probabilmente l’edificio più antico del comune forse preesistente al borgo. Luogo molto venerato, San Vito è il patrono di Morsasco e protettore degli esuli e dei prigionieri, la chiesa fu anche lazzaretto durante la peste, quella di memoria manzoniana.
Infine la chiesa di San Sebastiano e San Rocco, quest’ultimo ebbe ruolo di protettore della peste ed in seguito anche delle catastrofi naturali, la datazione è incerta, presumibilmente prima del 1600, ma probabilmente ricostruita in anni più recenti.