Nella valle del Bormida, sulla sua riva sinistra, ad un’altitudine di poco più di 160 metri, circondata dalle colline dell’Alto Monferrato ricoperte di vigne, sorge l’antica cittadina di Acqui Terme.
Poco lontano, i primi rilievi dell’Appennino Ligure mentre dall’altro lato il territorio si apre verso la pianura di Alessandria.
Ma proprio i rilievi liguri sono il luogo di origine di una delle risorse storicamente più importanti di Acqui e che probabilmente ne decretarono la fondazione, le acque termali.
Come già accennato infatti le acque piovane che filtrano nelle rocce del monte Beigua e negli altri rilievi dopo un lungo percorso nel sottosuolo, riemergono, cariche di minerali e di calore, proprio nel centro della città in quella fonte nota come “la Bollente”.
I primi reperti archeologici che testimoniano la presenza umana intorno alle fonti termali naturali, risalgono al periodo Neolitico, con datazioni che variano dai 5500 ai 3500 anni fa.
Certa è poi la presenza di tribù liguri nell’età del bronzo, mille anni prima di Cristo, con le popolazioni degli Statielli che fra il I e II secolo a.C. subirono la dominazione nonché l’occupazione delle legioni romane. Da questo momento Acqui prende il nome di Acquae Statiellae e comincia a diventare un centro di una certa rilevanza.
Con l’arrivo dell’importante via di comunicazione Amelia Scauri nel 109 a.C. il borgo acquisisce le caratteristiche proprie di una città commerciale e artigianale, dotandosi di tutta una serie di infrastrutture moderne come le fognature e l’acquedotto e si arricchisce inoltre di monumenti, di un teatro, di un anfiteatro e naturalmente delle terme, considerate da Plinio il Vecchio fra le più belle dell’intero impero.
Dell’acquedotto abbiamo fortunatamente una testimonianza diretta, sono infatti 15 gli alti pilastri divisi in due gruppi da sette e otto elementi rispettivamente, alcuni dei quali sono sormontati da archi, di questi ne rimangono solo 4 e si trovano ai limiti della città vicino al corso del torrente Bormida.
Questi sono considerati fra i meglio conservati dell’Italia settentrionale, i pilastri, che si rastremano verso l’alto, raggiungono un’altezza di 15 metri, mentre gli archi hanno un raggio di quasi 3 metri e mezzo. Al di sopra della struttura, costruita interamente in mattoni, scorreva il condotto idrico, quello che portava l’acqua alla città dopo aver percorso un tragitto di 12 km che partiva dal bacino di raccolta posto in località Lagoscuro. Gran parte del percorso dell’acquedotto era sotterraneo e presentava opere ingegneristiche di grande modernità mentre la parte sopraelevata contava probabilmente 40 pilastri. L’esatto percorso all’interno della città non è certo, quello di cui si hanno prove e documentazione è che l’acqua veniva raccolta in una grande cisterna e da qui, attraverso condotte piombate veniva distribuita in varie parti della città.
Testimonianza della presenza delle antiche terme in città sono rappresentati dai resti della piscina, probabilmente il Calidarium, la parte più calda delle terme stesse che si trova in Corso Bagni. La piscina, portata alla luce durante gli scavi del 1913, era rivestita in marmi importati dalla Grecia o dall’Asia minore, era alimentata direttamente dalla Bollente. Solo questa parte, aveva una dimensione di 13 metri per 6,5 e fa immaginare le ampie dimensioni che l’intera struttura termale doveva occupare in quella che al tempo doveva essere una zona periferica della città. Sul sito del museo archeologico della città si trovano le illustrazioni della ricostruzione in 3D dell’intero complesso.
Nella stessa zona si trovava l’anfiteatro, appoggiato al colle, localizzato negli anni ’50 ma mai esplorato, cosa che ci si augura verrà fatta in un prossimo futuro anche se la situazione logistica ne rende difficoltoso l’approccio. Di epoca romana, datata I o II secolo d.C. e oggi ubicata in via Cassino, è una bottega dedicata alla produzione di vasellame ma che aveva anche funzione di abitazione, ubicato vicino a corso Cavour troviamo inoltre un porticato con colonne o pilastri, probabilmente parte di un tempio votivo. Dopo i romani sul territorio si insediarono i Longobardi alla fine del VI secolo fino al X secolo quando nella storia della città e dell’intero territorio irrompe la figura di Aleramo. Acqui nonostante fosse parte della marca Aleramica, fu affidata dall’imperatore Ottone II al Vescovo creando così all’interno del territorio monferrino una vera e propria enclave dotata di autonomia e indipendenza dal marchesato stesso.
È di questo periodo l’edificazione della Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta, consacrata nel 1067, un tempio romanico a croce latina, originariamente a tre navate, che nei secoli fu più e più volte modificata, arricchita, decorata e verso l’inizio del 1800 ampliata con l’aggiunta di altre due navate fino a raggiungere l’odierno assetto. L’imponente campanile è della seconda metà del 1400, l’epoca, che dopo la terribile pestilenza della metà del 1300 che annientò due terzi della popolazione dell’intero territorio, appare come la più luminosa per la città e per tutto il Monferrato e probabilmente per l’intera Penisola. La cattedrale, il cui ingresso è dominato da uno splendido portale datato 1481, ha un interno ampio e riccamente decorato in stile barocco, con stucchi, dipinti, affreschi e sculture fra cui spicca la lastra in marmo dedicata a San Gerolamo e che adorna l’altare centrale. Suggestiva è poi la cripta risalente all’XI secolo e suddivisa da 98 colonne in marmo. Bella la canonica col suo chiostro anch’essa risalente alla fine del 1400, ma il vero tesoro della cattedrale si trova nella sacrestia dei Canonici, o Aula Capitolare dove oltre al dipinto dedicato a San Guido e ai quattro dottori della Chiesa, è conservato il Trittico della vergine di Monnsterrat, di Bartolomeo Bermejo. Questa è un’opera davvero straordinaria realizzata alla fine del 1400 da quello che è considerato il più importante pittore spagnolo del XV secolo e mostra chiare influenze fiamminghe. Il trittico fu commissionato da Francesco Della Chiesa, ricco mercante acquese durante la sua permanenza a Valencia per essere posizionato, alla sua morte, nella cappella di famiglia. Della stessa epoca tardo quattrocentesca e cinquecentesca, siamo sotto la dinastia dei Paleologi, che si estinse nel 1533, sono anche gli splendidi palazzi edificati dalle nobili o ricche famiglie della città e che si possono ammirare passeggiando fra i tre borghi, il Cisterna, il più antico, il Borgo Nuovo e il Borgo San Pietro che formano il centro storico della cittadina.
Fra questi, il palazzo Vescovile, splendidamente affrescato, dove spiccano i ritratti di 85 vescovi e una interessante e dettagliata mappa topografica, dipinta sul muro, che offre, con una visione a volo di uccello, una panoramica dell’intero territorio della Diocesi e del vescovado acquese. Un altro importante edificio è l’Ospedale di Santa Maria Maggiore, oggi casa di riposo, segnaliamo poi Palazzo Robellini che dal 1981 nelle sue cantine ospita l’Enoteca regionale Acqui “Terme e Vino”. Notevole ancora è il palazzo Roberti, quello dei Chiabrera, mentre il palazzo dei Della Chiesa che probabilmente è il più grande e rappresentativo del centro storico, che passò poi agli Spinola, conserva al suo interno oltre che splendidi arredi, meravigliosi soffitti a cassettoni dipinti.
Anche il palazzo Marenco conserva i soffitti in legno e offre una panoramica di stemmi delle più importanti famiglie della città magistralmente dipinti. Nei borghi poi si trovano anche case di commercianti, di artigiani risalenti alla stessa epoca, tutte caratterizzate dal mattone come materia prima per la loro costruzione ed elemento architettonico fondamentale per quel periodo storico. Antecedente invece è la Chiesa dell’Addolorata, eretta nel 1720 ma su preesistente chiesa paleocristiana sulla cui rovine venne edificata nell’XI secolo la chiesa abbaziale contigua al monastero di San Pietro, oggi scomparso. Per rimanere in ambito religioso, indichiamo anche la chiesa di San Francesco, dalla recente facciata, 1835, ma di antico impianto paleocristiano prima e francescano quattrocentesco poi di cui rimangono mote parti. All’interno interessanti tele fra le quali una Immacolata Concezione del Moncalvo. Sempre al periodo d’oro della città risale il Castello dei Paleologi eretto fra il 1480 e il 1490 sul sito ove originariamente si trovava un “castelletto” citato in documenti del 1056 e più volte rimaneggiato, modificato e poi ampliato. Il castello passò di mano in mano seguendo le vicende storiche del territorio, subendo più volte assedi devastanti, non rappresentando in effetti una roccaforte particolarmente strategica e resistente agli attacchi esterni e fu in buona parte distrutto dagli spagnoli nel 1663. Dal 1708 fu dei Savoia che la trasformarono in carcere, funzione che mantenne per un paio di secoli almeno, fino agli anni settanta dello scorso secolo. Oggi il castello, ben restaurato ed in ottime condizioni, circondato dalle antiche mura della città ospita l’importante museo archeologico della città.
L’allestimento risale al 2001, rimodernato nel 2014 e descrive un periodo storico che va dalla preistoria al Medioevo con particolare riguardo all’epoca romana. La fortezza aderisce all’iniziativa “castelli aperti”. Suggestivo è il giardino botanico che circonda il castello dove inserite nel verde si potranno ammirare altri reperti archeologici e opere scultoree e d’arte di più recente fattura.
Abbiano precedentemente citato la fonte termale detta “la Bollente”. Questa fonte rappresenta un po’ il fulcro della città, tradizionale punto di incontro per gli acquesi, il suo simbolo e si trova proprio nel centro cittadino nell’omonima piazza da cui si diramano strette vie che si inoltrano nel Borgo Pisterna, come già detto la parte più antica della città. Attorno alla fonte naturale, dove l’acqua con una portata di 560 litri al minuto sgorga ad una temperatura di 74,5 gradi centigradi, diffondendo il caratteristico odore sulfureo, nel 1879 venne costruita una Edicola ottagonale, in marmo, su progetto dell’architetto Giovanni Cerruti. A seconda della temperatura dell’aria le acque calde sgorgano avvolte da una nube di vapore più o meno evidente, acque cariche di sostanze minerali che rappresentano la materia prima per le cure termali per cui è nota la cittadina. Queste vengono infatti convogliate attraverso una fitta rete di tubazioni sotterranee verso gli stabilimenti termali. Ancora all’insegna dell’acqua segnaliamo la bella fontana detta “delle Ninfee” costruita nell’ultimo decennio del secolo scorso a solo scopo ornamentale. In marmo bianco rappresenta una serie di vasche poste in leggera pendenza che dalla parte sommiate di Corso Vigano scendono, superando pochi metri di dislivello, fino a giungere in Piazza Italia.
Di una certa rilevanza, è poi il cimitero ebraico, risalente al 1836, testimonianza della presenza e dell’influenza della comunità ebraica nei secoli passati nella città di Acqui. Il cimitero è visitabile solo in determinate giornate dell’anno come ad esempio durante la giornata Europea della Cultura Ebraica, oppure su richiesta, rivolgendosi al locale ufficio del turismo.
Posizionata poco fuori città va citata la Villa Ottolenghi, voluta dai Conti Ottolenghi nel 1920, il cui progetto architettonico venne affidato all’architetto a Federico d’amato e poi a Marcello Piacentini. La villa è il frutto della splendida collaborazione fra architetti, scultori, decoratori, pittori e artisti, supportati dal generoso mecenatismo dei conti per dar forma ad un edificio e d una dimora singolare ed unica. Della villa fa parte poi lo splendido parco, opera di Pietro Porcinai, probabilmente il più grande paesaggista italiano del ‘900 con ben 1100 progetti realizzati in tutto il mondo, e tutta una serie di attrazioni che renderanno la visita assai interessante e sorprendente.
Acqui è accogliente, a misura d’uomo e la qualità della vita è buona. Ci sono molti negozi e botteghe, negozi che offrono specialità gastronomiche regionali e i prodotti del territorio, numerosi poi gli ottimi ristoranti mentre le iniziative culturali non mancano e probabilmente meriterebbe una maggiore considerazione a livello turistico valorizzando i propri punti di forza culturali, artistici e architettonici ma soprattutto sfruttando la sua posizione geografica e la bellezza del paesaggio che la circonda.
Ufficio del Turismo Acqui Terme
Palazzo Comunale, viale Don Tornato, Corso Roma, 1
Tel. +39 0144 322142
www.turismo.comuneacqui.it